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22 – 29 aprile 2017 "La Magna Via Francigena" da Palermo verso Agrigento…un viaggio "antico" come antichi sono i "pellegrini"…

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Sarà un cammino di “lenta viandanza” o “pellegrinaggio lento” per entrare nel cuore e nell’anima dei luoghi attraversati. E’ un cammino lento per non perdere nemmeno una briciola di quella magnificenza e Maestra di Vita che è la Natura.

“Pellegrinare” è un’arte che ci porta a contatto con persone, culture e luoghi antichi ed anche ad un incontro unico, per ognuno diverso: la propria “essenza”.

Non è una “gita”, nel modo più assoluto, ma la ricerca e la conoscenza della storia antica di ogni luogo, il farci compenetrare dallo “spirito del cammino”.

…questa volta sui percorsi dei “Cammini Fancigeni di Sicilia” e precisamente sulla “Magna Via Francigena” che da Palermo arriva fino ad Agrigento…

Il presente pellegrinaggio viene effettuato in collaborazione con AICS Settore Turismo Delegazione di Verona ed è riservato ai soci in regola con l’iscrizione 2016/2017.

PARTIREMO DA PALERMO, e precisamente da Mondello.

MagnaViaFrancigena2

Durante la nostra visita al quartiere Kalsa visiteremo anche la “Casa di Paolo”…
 
PALERMO. «È tornata la primavera dopo un lungo inverno, qui ora si fa sul serio». Così Rita Borsellino ha commentato l’inaugurazione, a Palermo, della «Casa di Paolo». In quella che un tempo era la farmacia Borsellino, al civico 57 di via della Vetriera, quartiere Kalsa di Palermo, lo stesso in cui hanno vissuto i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ma anche il boss pentito Tommaso Buscetta, ora ci sarà una scuola di informatica per i giovani del quartiere. «Voglio fare tornare Paolo alla Kalsa, il quartiere dove siamo nati – ha detto il fratello Salvatore – questo non sarà un luogo di memoria e di lapidi. Non riesco ad accettare il silenzio di questo quartiere, qui vorrei fare rinascere la tradizione dei ragazzi cresciuti in bottega, io sono un ingegnere informatico e vorrei dare un’opportunità ai giovani che vogliono sfuggire alla spirale perversa della mafia e della povertà».
 
Salvatore Borsellino ha acquistato a proprie spese i locali della vecchia farmacia di famiglia, compreso quello attiguo, il resto, oltre 38mila euro, è stato raccolto attraverso donazioni raccolte dal movimento delle agende rosse. Ad aprire la sottoscrizione la poetessa Lina La Mattina. «Lo scopo è rimettere questo spazio al servizio dei cittadini – ha detto Rita Borsellino – Qui dentro ho lavorato da farmacista appena laureata, vedere questa sede rinata è una bella emozione». A tagliare il nastro durante l’inaugurazione sono stati i fratelli Rita e Salvatore Borsellino, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e quello di Messina, Renato Accorinti.
 
Tratto da:http://palermo.gds.it
Casadipaolo

1^ TAPPA (23 aprile)

Palermo – Piana Albanesi – via bus

Palermo

Quanta storia da “camminare”!!!

La Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, fino al 1941 Piana dei greci, è una delle più note e popolose comunità storiche arbëreshë ed il centro più importante delle colonie greco – albanesi della Sicilia.
Inoltre fu sede vescovile dell’Eparchia bizantina. Questa cittadina si estende su un altopiano montuoso, con accanto un bel lago e sul versante orientale il maestoso Monte Pizzuta.
Un paesaggio davvero mozzafiato, delimitato da bellezze incomparabili. Nel corso degli anni questo centro ha sempre ricoperto ruoli attivi per la tutela e la conservazione degli usi e dei costumi albanesi, lasciando inalterate le peculiarità etniche, linguistiche, culturali e religiose.

Per ciò che concerne le origini del nome sul Dizionario Topografico della Sicilia troviamo Plana Graecorum (Piana dei Greci), detta anche Piana dell’Arcivescovo. È il 30 agosto del 1941 che entra in vigore il nome Piana degli Albanesi.
Pochi anni il nome si provò a cambiare nuovamente la denominazione Piana dei Greci, per il malcontento generale degli abitanti, ma la prefettura di Palermo negò il permesso motivando con l’affinità storica, culturale ed etnografica del nuovo nome.

Storia di Piana degli Albanesi.

La fondazione della Piana degli Albanesi risale alla seconda metà del XV allorché un gruppo di esuli greco – albanesi cercò rifugio in Italia.
Con la caduta dell’Impero Bizantino il fenomeno si intensificò, negli anni che vanno dal 1482 al 1485.
Questa forte immigrazione fu favorita dalla Repubblica di Venezia che la vedeva come un modo per ripopolare centri disabitati o colpiti da carestie.
Gente nomade che si spostava da un posto all’altro della Sicilia in attesa di trovare quello che li accogliesse.
Trovarono questo luogo nei territori amministrati dalla Mensa Arcivescovile di Monreale.

Negli anni successivi fu chiesto al cardinale Juan Borgia il diritto di soggiornare sulle terre Mercu e Aydingli, situate nell’entroterra montuoso presso la pianura della Fusha. Questo posto era vicino alle principali città, era fertile e ricco. Il 30 agosto 1488 si sanciva la creazione del più grande polo albanese dell’isola siciliana alla quale seguiva la costruzione delle chiese di rito greco – bizantino e delle prime infrastrutture.

PianaAlbanesi

2^ TAPPA (24 aprile)

Piana Albanesi – Santa Cristina Gela km 10,2

Santa Cristina Gela (Sëndahstina) comune arbëreshë della provincia di Palermo, sorge su una collina, posta a 651 metri d’altitudine, prospiciente il lago di Piana degli Albanesi. Santa Cristina Gela insieme a Contessa Entellina, Palazzo Adriano, Mezzojuso e Piana degli Albanesi fa parte delle comunità etniche albanofone di Sicilia unite nell’ Unione dei Comuni Besa.A seguito dell’invasione turca e della caduta di Costantinopoli nel 1453 ad opera di Maometto II il Conquistatore, molti albanesi giunsero nel meridione d’Italia e in Sicilia. E’ storicamente certo che 82 coloni, tra cui esponenti della nobiltà greco-albanese, provenienti dalla vicina Piana degli Albanesi ebbero il 31 Maggio 1691 la concessione in enfiteusi, nell’ambito della “licentia populandi” dall’Arcivescovo di Palermo e si stabilirono su un insediamento rurale preesistente. Tuttavia la reale fondazione di Santa Cristina sarebbe da ricondurre al 1747, anno da cui si ha documentata traccia di un secondo atto di enfiteusi a favore della nobile famiglia Naselli, Duchi di Gela, grazie ai quali si consolidò il nucleo abitativo e si intrapresero relazioni di commercio legati alla produzione cerealicola nell’asse Palermo-Corleone. Con l’Unità d’Italia Santa Cristina Gela divenne Comune autonomo e prese il nome del suo feudo e della Santa Protettrice e assunse anche quello di “Gela” in onore del casato nobiliare dei Naselli duchi di Gela che hanno amministrato per lungo tempo la cittadina.

Testimonianze della coesistenza della tradizione siciliana ed albanese si hanno durante il periodo della Quaresima e della Settimana Santa. Nell’ultimo venerdì di Quaresima, infatti, si canta in lingua albanese il canto della Resurrezione di Lazzaro mentre il Venerdì Santo si interpreta, in siciliano il canto della Passione. Attività prevalenti sono: agricoltura, pastorizia e terziario. Fra i prodotti tipici si possono annoverare: pane, ricotta, formaggi, olio e carni.Santa Cristina Gela sorge sulla quota più alta di una collina, lungo una strada principale, l’antica Regia Trazzera, seguendo la tipologia del borgo, da cui dipartono ortogonalmente le strade secondarie in pendenza. Queste si intersecano con le parallele del corso principale, disegnando così degli isolati di forma rettangolare, detti “a spina”. Di grande interesse artistico sono le cappelle votive offerte dai fedeli e in genere collocate sulle facciate delle abitazioni e in taluni casi nelle contrade prossime al centro urbano del paese. A Santa Cristina Gela il numero e la varietà delle tali cappelle votive costituiscono un autentico patrimonio della religiosità popolare e spesso si configurano come un esempio di decoro urbano. La Chiesa Madre Maggiore, dedicata alla Santa Patrona,  restaurata nel 1800,ospita al suo interno alcuni preziosi oggetti di arredamento sacro donati alla chiesa dai duchi di Gela. Di pregevole fattura è la scultura in legno che raffigura San Giuseppe e il Bambino. L’opera risale al XIX secolo quando fu scolpita dal Bagnasco, famoso artista palermitano; la palazzina Musacchia, ristrutturata di recente e adibita oggi come sede del Comune e della Polizia Municipale; la casa Palermo, le decorazioni sulla facciata principale evidenziano le ricchezze dei conti di Gela, nota famiglia feudataria. Il palazzo, a due elevazioni, è in perfetto Stile Liberty, con un elegante balcone in ferro battuto. Dal 1940 l’edificio appartiene alla famiglia Palermo. Di particolare interesse naturalistico la contrada Pianetto, luogo ameno di piacevole soggiorno circondato da un bel bosco di larici.

PianaDegliAlbanesi
3^ TAPPA (25 aprile)
Santa Cristina Gela – Corleone km 18,8
Corleone ha origini molto antiche risalenti alla prima fase del neolitico nel sesto millennio a.C.. Corleone “Animosa Civitas” perché sempre in prima linea in tutte le guerre combattute in Sicilia. Posta a metà strada della vecchia statale Palermo-Agrigento, controllava una delle arterie principali e, quindi strategiche, dell’isola. Si trova adagiato in una conca, e protetto da una corona di rocce calcaree che costituiscono un unicum geologico da cui prendono il nome (calcariniti glauconitiche corleonesi).
Scenario suggestivo creano, accendendo curiosità ed interesse le “rocche gemelle”, una ad est del centro abitato dove è ubicato il Castello Soprano con i resti dell’antica torre di avvistamento aaracena e l’altra al centro del paese in un blocco calcareo geologicamente crollato dalla montagna frontale e su cui è stato edificato il castello medievale ora eremo dei Francescani. Proprio ai piedi del castello soprano si può ammirare uno spettacolo della natura, la “Cascata delle Due Rocche” formata dal salto del torrente San Leonardo, affluente sinistro del Fiume Belice, che crea un suggestivo laghetto naturale circondato dai resti di un acquedotto di fattura probabilmente araba.

Tale torrente con la cascata scorre all’interno di una vera gola naturale formando un canyon percorribile al suo interno nel periodo estivo. Le origini di Corleone non sono nette e precise e fino a poco tempo fa si facevano risalire agli arabi che nel 840 occuparono la zona compresa tra Caltabellotta e la Valle Platani.
Gli scavi archeologici condotti sulla Montagna Vecchia da Angelo Vintaloro a partire dagli inizi del ’90, testimoniano invece che l’attuale impianto urbanistico ha una storia ben più lontana. Fonti storiche parlano della Polis di “Schera”, mentre alcuni recenti reperti fanno risalire le origini ad epoca preistorica.

E’ certa comunque la presenza dei bizantini e dei musulmani (ne rimane a testimonianza l’esistenza di una moschea attestata dalla fonti scritte). Intorno al 1072 la città fu occupata da Normanni e nell’anno 1104 subì la dominazione dei saraceni che a loro volta furono sconfitti da Federico II. All’interno del paese è possibile visitare il Museo Civico Comprensoriale “Pippo Rizzo”, dove è stata sistemata la prima esposizione archeologica, sito nel Palazzo Provenzano, dimora signorile del XVIII secolo situato nel centro storico di Corleone ed acquistato dal comune a tal fine.

Tra i reperti più significativi citiamo la “Pietra Miliare” il pezzo più importante del museo per l’iscrizione latina più antica che si conosca risalente al 252 a.C., anno in cui Aurelio Cotta fu Console Romano in Sicilia per la prima volta, i resti di una pavimentazione in mosaico risalenti al Periodo Romano Imperiale (I secolo d. C.), un attingitoio preistorico 1400-1250 a. C., delle statuette votive e svariati reperti provenienti da “Montagna Vecchia”, dove esiste uno dei più grossi insediamenti archeologici siciliani. Il sito, oggetto di scavi da alcuni anni, presenta molte strutture emergenti, tra cui le cinta murarie interne ed esterne, diversi edifici publici, i resti del castello medievale, le tombe monumentali, ma soprattutto la maestosità dell’insediamento. Corleone vanta un grandissimo patrimonio artistico-ecclesiale ed è per questo che venne nominato il paese dalle cento chiese, di questo immenso patrimonio citiamo il Convento dei Cappuccini oggi accorpato alla Villa Comunale, il Monastero del SS. Salvatore che fu eretto insieme alla chiesa nel sec. XIII, la Chiesa di Sant’agostino risalente al 1300 e la Chiesa di S. Domenico del 1547. Gradevole risulta inoltre una bella passeggiata nel centro storico medievale guarnito da murales raffiguranti squarci di storia folklore e tradizione locale.
Corleone
 4^ TAPPA (26 aprile)
Corleone – Prizzi km 19,6

Il Comune di Prizzi, nell’entroterra palermitano, con i suoi 1000 metri di altezza sul livello del mare, si erge imponente sulla catena dei monti Sicarni risultando uno dei Comuni più alti della Sicilia, tanto che nei giorni di ciel sereno è possibile scorgere sia il mare di Sciacca sia le montagne dell’Etna. Le caratteristiche viuzze, i vicoli, i cortili e le ripide scalinate gli conferiscono un tipico aspetto medievale. Mai diatriba più accesa è sorta sull’origine del nome di una città come quello di Prizzi. La teoria più accreditata ne fa risalire l’origine al greco “pyrizein” (accendere fuochi). Comunque sia, i primi abitanti di Prizzi furono greci, si narra infatti che alcuni superstiti di Hyppana, insediamento umano che sorgeva sul monte San Lorenzo.

Nel 260 a .C. Hippana fu rasa al suolo dai consoli romani Alilo Attilio e Caio Sulpizio, perché ritenuta alleata del cartaginese Annibale. Per far fronte alle invasioni arabe, sulla vetta del monte fu costruito un castello con la relativa torre. Il Castello fu poi ricostruito, dai Chiaramente ed oggi è possibile ammirare solo il rudere della sua torre. La fertilità delle terre, la ricchezza dei pascoli, l’abbondanza d’acque purissime e la salubrità dell’aria, associate alla grande capacità d’adattamento e di resistenza degli abitanti, specie contadini e pastori, nonostante i lunghi e rigidi inverni, hanno assicurato una vita florida e prospera.

Prizzi sotto il profilo naturalistico è interessante. Affacciandosi dalla parte più alta del paese, dove inserito nel naturalistico Parco della Madonna sorge uno splendido anfiteatro, è possibile scorgere parte del lago di Prizzi, un bacino artificiale realizzato grazie all’edificazione di una diga e rientrante nel complesso idroelettrico del Fiume Sosio. Paesaggi magnifici sono offerti anche dagli scenari di Tagliarmi, Monte Scuro e dallla Riserva naturale Orientata Valle del Sosio, attraversata dall’omonimo fiume, che ha la sua foce nel mare di Ribera. Da tempo è meta di tanti studiosi, che vi ammirano l’irripetibile fauna fossile del Permiano (280-225 milioni di anni fa). Un’altra Riserva Naturale di Prizzi è quella di Monte Carcaci, alto 1.196 metri sul livello del mare: un ambiente suggestivo e incontaminato, in autunno sorvolato dalle gru e popolato da tanti rapaci (aquile, falchi e capovaccai). Altro luogo meritevole di attenzione per i suoi potenziali naturalistici è il Lago di Raia.

Annualmente a Prizzi si svolgono quatto storiche Fiere del Bestiame. In particolare, la Fiera di San Giorgio il 23 aprile, la Fiera dello Statuto la prima domenica di giugno, la Fiera di Prizzi il 14 settembre e la Fiera della Madonna del Soccorso la terza domenica di ottobre.
Prizzi
5^ TAPPA (27 aprile)
Prizzi – Castronovo km 21,6 – RIENTRO A PALERMO

Parlare di Castronovo è come aprire uno scrigno. Al suo interno è custodito, infatti, un vero tesoro, rappresentato da una storia ricca di fatti ed eventi che l’hanno vista, da sempre, protagonista in tutte le fasi che hanno caratterizzato le vicende dell’isola. Le lontane origini di Castronovo di Sicilia trovano conferma nell’esistenza di un insediamento arcaico costituito da abitazioni trogloditiche nella contrada Grotte, sulle sponde del fiume Platani, riconducibili al popolo sicano. La prima perlustrazione scientifica di tali insediamenti, almeno in tempi recenti, risale al 1743, ad opera dello storico locale Vito Mastrangelo. Stante alla descrizione dello studioso, pare che le pareti di alcune grotte mostrino dei segni geroglifici. Nella grotta più grande, dove grondano gocce d’acqua, germoglia il Calpevenere, da cui l’antro prende il nome, in essa sono evidenti dei sedili scolpiti nella roccia. L’espansione militare di Agrigento e la conflittualità della stessa con Siracusa ed Imera, costringerà l’inerme popolazione sicana a trasferirsi dalla contrada Grotte all’altopiano del Cassaro, un sito più sicuro ed inespugnabile che dall’alto dei suo 1100 metri sovrasta l’attuale centro abitato. Ha così origine la città di Krastus. Secondo una recente e rivoluzionaria teoria potrebbero essere questi i luoghi in cui sorgeva l’antica città di Petra*. La tesi che la città di Crastus ebbe il suo sito sull’altopiano del Kassar trova riscontro nel riferimento storico che ricorda Falaride tiranno di Agrigento, il quale al fine di consolidare ed espandere il territorio agrigentino verso la zona settentrionale dell’isola lungo il corso del fiume Platani, fece costruire una fortezza che segnasse il limite tra i territori cartaginese, agrigentino e siracusano. Questa rappresenterà il primo nucleo di quella roccaforte denomita Krastus, dal significato etimologico greco, che sta a indicare una località particolarmente fortificata con abbondanza di pascoli ed acqua, di cui sono ancora individuabili le fondamenta. Le origini di Krastusvogliono farsi risalire al VI secolo a. C.. Nel 456 a.C. la cittadina fu teatro di una poderosa battaglia tra gli eserciti agrigentini, imeresi e geloi per il possesso della fortezza. Nel XIX secolo il professore Cavallaro rivelò la pianta della vasta città, misurando il perimetro di oltre 5500 metri, e individuando anche una serie di torri poste in punti strategici per rafforzarne la sicurezza. (*) Nello studio delle antiche strutture rupestri nella valle dei Platani ad opera di Vittoria Giustolisi, la ricostruzione del tracciato viario dell’itinerarium Antoniti Augusti, che in età romana congiungeva Palermo e Agrigento, ha avuto come obbiettivo principale l’identificazione delle prime tre stationes dell’itinerarium, a partire da Agrigento, ed il riconoscimento dell’antica città di Petra, collegabile com’era verosimile arguire, con la statio Petrina. La probabile ubicazione di quest’ultima nel sito archeologico che si estende per circa nove ettari intorno al casale di San Pietro, ha convinto il ricercatore che gli antichi stanziamenti che gravitano attorno all’odierno abitato (colle di San Vitale, il Cassaro e lo stesso sito di Castronovo) siano quelli in cui bisogna vedere l’antica città, ipotesi questa abbastanza rivoluzionaria. La città viene citata da diversi storici antichi; Diodoro riporta che la popolazione Petrina, successivamente alla conquista di Palermo nel 254 a.C. , dopo aver cacciato i cartaginesi, consegnò la città ai romani. Cicerone annovera Petra come città che patì i soprusi di Verra. Petra è però quasi unanimemente individuata in un area vicino a Petralia.

TRA ROMANI E BIZANTINI

La distruzione di Crastus è legata alle guerre servili. Furono i romani infatti, intorno al 105 a. C. che la demolirono per l’appoggio incondizionato dato dai suoi abitanti alla causa degli schiavi. La popolazione superstite di Crastus si disperse sull’intero territorio castronovese andando a costruire insediamenti sparsi a Regalxacca S. Pietro, Melia ecc…. Il nucleo più cospicuo, pare, si sia rifugiato sulla Montagna Reale o rupe di San Vitale. Il colle, pur presentandosi nelle dimensioni meno grande del Kassar, assicurava, per le sue caratteristiche e la posizione strategica, l’inespugnabilità. In questo sito la popolazione trascorrerà più di cinque secoli al cui dominio si alterneranno prima i bizantini, poi gli arabi ed infine i normanni.
Il rinvenimento di strutture sacre e resti fortilizi sono la testimonianza del passaggio del popolo bizantino. E’ da supporre che la città del periodo bizantino occupasse il colle San Vitale e parte della montagna del Kassar. Tale intuizione scaturisce da una lettera indirizzata dal capo della spedizione della conquista araba dei territori del fiume platani, all’Emiro Akdelhan Chbir che risiedeva a Palermo. La missiva racconta che i mussulmani attaccarono la fortezza distruggendo l’intero castello. La lettera indica che gli abitanti erano 13716; si deduce che una popolazione di numero così elevato non poteva vivere solamente sul colle San Vitale, ma doveva occupare, necessariamente, anche gran parte della montagna del Kassar.
Testimonianza del passaggio bizantino sono: un epitaffio in latino del 570 d.C. incastonato nella chiesa della SS. Trinità, un fonte battesimale ad immersionem, nel quale si narra sia stato battezzato San Vitale, la chiesa di rito greco di S. Maria dell’udienza posta sul colle S. Vitale, che fu antica matrice, i resti delle mura della fortezza del Kassar, ed infine il monastero bizantino di Melia che ha esercitato una forte influenza religiosa e politica, non solo sul territorio castronovese, ma anche su quelli limitrofi.

I NORMANNI E GLI ARABI

Dall’11 novembre 839 al 29 ottobre 940, gran parte del territorio dei Monti Sicani, fu conquistato dai mussulmani, e dunque anche Crastus ebbe la stessa sorte. Sotto il dominio degli arabi furono eseguiti i primi lavori di bonifica, iniziarono le pratiche irrigue e furono introdotte nuove culture. L’antico nome “Crastus” divenne, per la trasposizione della lettera “r” , Castrus e quindi Kars-nubu per gli arabi, cioè “dai bei dintorni, dalle molte entrate e produzioni del suolo, terre a seminativo, poste tra piccoli torrenti”, fino a divenire Castrum per i normanni. Si deve agli arabi la costruzione di due casali il Rabat (Rabatello), accanto a una ricca sorgente d’acqua ed il Rakal-biat , successivamente ribattezzato come Santa Maria della Bagnara, distrutto da una frana nella metà del settecento.
Al tempo in cui i normanni procedevano alla conquista della Sicilia, Kars-nubu era governata dal crudele emiro, Abu-Becher, Beco. Questi venne a uno scontro con un mugnaio di nome Aymo de Milatio, il quale, non sopportando l’affronto, si mise d’accordo con i normanni e durante la notte indicò loro un percorso segreto che consentì di calarsi, tramite delle funi, dalla montagna del Kassar all’interno della fortezza araba. Ciò permise la conquista della città senza alcuno spargimento di sangue. Il conte Ruggero fortificò i luoghi conquistati costruendo una fortezza che dominava la città, accanto al preesistente castello, con il quale comunicava per mezzo di una strada sotterranea. Sul colle di S. Vitale fece erigere una cappella dedicata a San Giorgio, la Chiesa del Giudice Giusto e tanti altri monumenti.
Dopo aver consolidato il potere, il conte Ruggero concesse la signoria della città al fedelissimo Ruggero di Barnavilla, cui succedette il figlio Rinaldo al quale fu in seguito tolta perché aveva partecipato alla rivolta dei baroni contro Guglielmo I.

DAL MEDIOEVO A OGGI

Castronovo è stata importante testimone di importanti eventi della storia siciliana. Federico II d’Aragona, dopo aver battuto gli angioini a Caccamo, Corleone e Sciacca, nel 1302 costituì il suo quartier generale nel castello di Castronovo iniziando le lunghe trattative che portarono alla pace di Caltabellotta. Si concludeva così la guerra del Vespro, iniziata a Palermo nel 1282. In seguito alla pace di Caltabellotta il sovrano concesse la signoria di Castronovo al suo fedele vassallo Corrado d’Aurea.
Castronovo rimase alla famiglia d’Aurea fino al 1391, anno in cui fu investito della signoria Manfredi Chiaramonte. Per iniziativa del nuovo signore, che aveva preso l’impegno di porre fine alla “guerra del baronaggio”, e dunque alle discordie interne alla Sicilia, a Castronovo, il 10 luglio 1391 nella Chiesa di S. Pietro, sulle rive del Platani, fu convocato il parlamento del regno. Nella stessa seduta i nobili siciliani deliberarono di non riconoscere Maritino re della Sicilia, in quanto l’aver sposato Maria, figlia di Federico III d’Aragona, dopo averla rapita, non gli dava il diritto di recriminare il regno di Sicilia. Nonostante il solenne giuramento dei baroni siciliani, Martino divenne re di Sicilia, e ciò, fu cause di discordie civili.
Il 10 luglio del 1401 l’università di Castronovo si dotava di un proprio statuto, sanzionato anche dal re Martino. Il documento apportava l’introduzione dei principi di diritto amministrativo in un regolamento municipale, costituendo un notevole progresso e un significativo riferimento per altri statuti delle città siciliane e, al contempo, dimostrava la maturità e l’ interesse di quella popolazione verso una politica amministrativa autonoma. Castronovo era terra ambita dai più potenti baroni siciliani e proprio per questo, dal XV al XVII secolo fu costretta per ben quattro volte a riacquistare il titolo di città demaniale per affrancarsi dal baronaggio.
Nel frattempo i borghi del Rabato e del Rakal-biat, che sorgevano ai piedi della rupe, andarono ingrandendosi sempre più per il progressivo spostamento della popolazione dal colle di S. Vitale, fin quando, agli inizi del secolo XV, si trasferirono anche le famiglie patrizie, compresa la regia Curia ed il Secreto con il Clero. Sorsero allora le mura ed i bastioni, di cui è circondata la città nel basso, che dal Pizzo, attraverso la Porta Grande e la Porticella, giungevano alle falde del Picco della Specola e, per la strada del Pozzo, attraverso la Porta di Mezzo, si collegavano alla base della rupe di S. Vitale, inglobando entro la nuova cerchia il castello normanno. Rimaneva fuori dalle mura il borgo di Rakal-biat, come luogo dove venivano relegati, in epoca normanna, i rei di lievi delitti.
Tra i tanti prestigi e riconoscimenti Castronovo vanta anche il titolo di “fedelissima”, conferito nel 1556 dall’imperatore Carlo V per la temerarietà dei castronovesi nel tenere alto il prestigio della propria città, per la loro dignità e il rispetto verso i governanti. Per questo e altri meriti, nel 1587, Castronovo divenne capoluogo di Comarca, sede dei Segreti e Preconservatori che, sotto la vigilanza dei Tribunali del Regio Patrimonio, riscuotevano i donativi, le regie imposte ed amministravano i beni dello Stato. Alla sua giurisdizione appartenevano undici terre baronali: Allessandria della Pietra (Rocca), Alia, Bivona, Cammarata, Campofranco, Casteltermini, Lercara Friddi, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina, Valledolmo. Nel 1812 il parlamento siciliano provvedeva alla riforma e al riordinamento dello stato ripartendo la Sicilia in ventitré distretti ed abolendo le comarche.

Castronovo
6^ TAPPA (28 aprile)
RISERVA NATURALE ORIENTATA CAPO GALLO – PALERMO/MONDELLO
Monte Gallo è un rilievo carbonatico, formatosi dal Mesozoico all’Eocene medio (54 e 33,7 milioni di anni fa). E’una Montagna carsica, che presenta  numerose manifestazioni erosive superficiali ed endogene e parecchie cavità. Monte Gallo è un promontorio che si affaccia sul mare, il versante settentrionale è quello che mantiene le caratteristiche naturali più ben conservate, mentre quello meridionale si presenta con un suolo pietroso, brullo e steppico: oggi è una prateria ad ampelodesma ma un tempo, era coltivato ad olivo e carrubo.
CapoGalloCasaMatta
Operatività voli Ryanair:
Verona/ Palermo 18.00 FR 4915 19.35
Palermo/Verona  16.00 FR 4914 17.35 (29 aprile – mattinata libera per visita alla città di Palermo)
(costo indicativo del biglietto A/R ad oggi € 121,40)

Per informazioni e preiscrizioni, entro e non oltre il 20 marzo 2017, in tempo utile per preparare le credenziali del cammino:

Maria Daniela Trentini

349 4598108

Formatore Sportivo Nazionale AICS di Nordic Walking
Responsabile provinciale AICS di Nordic Walking

Promoter KV+ per Verona e Vicenza

Naturopata ed Operatrice Shiatsu,
diplomata presso la Scuola di Naturopatia dell’Istituto Riza di Milano,
associata A.P.O.S.
Autrice di *Stretching Emozionale*
(Casa Editrice OI Books & Guides)

daniela.trentini@tiscali.it (e-mail)
www.nordicwalkingtaoverona.it

www.stretchingemozionale.it

Daniela Trentini (Skype)
Maria Daniela Trentini (Verona) (Facebook)
*Nordic Walking TAO®*…”oltre” il Nordic Walking…verso l’INFINITO… (Verona) (Facebook)
“Stretching Emozionale®…La Danza delle Emozioni come Qualità dell’Anima…” (Verona) (Facebook)

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